Shabby Chic e quello che piace a me

Ormai quasi tutto ciò che appartiene al "fai da te" viene definito Shabby Chic, basta che l'oggetto sia stato ridipinto in qualunque modo, che vi sia stata trasferita un'immagine o che gli sia stato incollato sopra qualunque cosa di romantico (pizzi, merletti, cuoricini o fiori) ed improvvisamente viene collocato ad honorem in questo stile.

Vorrei fare un punto della situazione, diciamo pure il mio personalissimo punto sulla materia, premettendo che non tutto ciò che è davvero Shabby è automaticamente migliore di ciò che non lo è.

Lo stile Shabby (logoro) Chic (non inteso come elegante ma come riposizionato in un ambiente raffinato) che conosciamo noi nasce quasi trent’anni  fa ma in Italia si comincerà a parlarne seriamente solo dalla fine degli anni novanta.
Il suo straordinario successo dipende in realtà da molti aspetti non ultimo il fatto che i mobili prodotti per la fascia media siano sempre di qualità più bassa ed il difficile periodo storico che stiamo attraversando non sempre dà la possibilità di cambiare arredo Proprio quando stiamo più in casa, quando fuori dal nostro nido ci sono magari dei problemi e allora tendiamo a renderla più accogliente, a rinnovarla, a creare un angolo il più possibile sereno, il poter utilizzare materiale povero e creare è un vantaggio non indifferente, diciamo pure il giusto bisogno nel giusto periodo. 
Un altro punto a favore di questo stile è la materia prima. I mobili da lavorare si possono trovare ovunque proprio perché devono essere tassativamente "vecchi". Quasi sempre li abbiamo in casa oppure nella soffitta di qualche parente ma se non fosse così ecco che nei mercatini dell’antiquariato, dai rigattieri o su internet possiamo recuperarli per pochi euro. 
Per questo lo Shabby è così amato, si presta ad infinite rivisitazioni e ci dà la possibilità di intervenire 
personalmente. 



Molte volte è piuttosto semplice e può essere realizzato da chiunque abbia una buona manualità e voglia di imparare proprio perché shabby significa logoro, malandato e contempla mobili finiti in maniera spesso volutamente approssimativa, quasi incompiuti o con finiture che ricordano il passare del tempo, che segnano l’arredo quasi a voler fermare e rivisitare un passato che non abbiamo vissuto ma che in questo periodo è molto vicino a noi. 
Lo Shabby ha poco a che vedere con la ben più complicata arte del restauro.
Lo “Shabby”  è piuttosto il voler far rinascere un vecchio mobile non più attuale e che mal s’inserisce nei nostri arredi rendendolo un pezzo che dona nuove emozioni. 
Ci vuole pazienza ma soprattutto il buongusto di capire che cosa sia poi, come dicevo prima, uno degli aspetti migliori di questo stile è proprio il poterlo creare in modo semplice. 




E’ diventato un genere così comune da aver addirittura permesso di coniare termini in passato sconosciuti come “shabbare” che indica quasi sempre una patina semplice realizzata con colore e carta vetrata.
La diffusione tra le persone non addette ai lavori e il materiale eterogeneo disponibile in Italia ha dato modo di sviluppare uno “Shabby personalizzato” reinterpretato a seconda delle disponibilità e il gusto di chi lo crea. Anche se la maggior parte di ciò che vediamo spesso ha ben poco a che vedere con lo spirito iniziale raccontato per la prima volta su una rivista da Rachel Ashwell (che poi negli ultimi anni ha adattato a richieste di mercato non sempre attinenti al tema) non credo si debba essere troppo intransigenti sulla codifica di questo tipo di arredamento soprattutto quando il recupero dei mobili è stato realizzato da chi li utilizza nella propria casa. 
L’importante è che soddisfino chi ci vive e che rinnovandoli si siano divertiti ed abbiano imparato cose nuove, per questo  penso a volte si debba soprassedere alle piccole variazioni sul tema.
Lo stile Shabby Chic inizialmente raccontato da Rachel si è appunto evoluto in maniera piuttosto scomposta ramificandosi in vari sottogeneri, dal più romantico, al country a quello prettamente provenzale o quello contaminato dal Gustavien, spesso determinati dal luogo di creazione e dalla disponibilità del materiale.

Le tendenze più recenti stanno invece mettendo in evidenza tra gli addetti ai lavori ma non solo uno stile più semplice rispetto all’originale e con una codificazione meno complessa ma che ritroviamo ormai in maniera piuttosto omogenea sui più comuni canali di veicolazione moderna degli stili, i blog, le riviste digitali e tradizionali e i social network.


Natural Shabby - Il mio Shabby


Quello che io intendo per Natural Shabby è uno stile che ha come protagonista la semplicità, il ricordo del passato, la luce, l’ armonia che concorrono nel creare ambienti confortevoli che ci parlano di chi li abita ma senza rendere protagonista il ricordo raccontato attraverso le cose ma attraverso le emozioni. 
Dunque in che cosa è diverso il Natural Shabby dallo Shabby Chic? 
Ecco è molto meno chic (o forse di più?) ma soprattutto per nulla frivolo.
Non ha bisogno di pizzi, merletti, modanature, riccioli  o volute, sono la materia e la luce a dover emozionare.
I mobili da preferire sono prevalentemente recuperi poveri della prima metà del secolo scorso. 




Mobili in legno massiccio con finiture semplici, poche modanature, e la quasi assenza di lavorazioni complesse, intarsi, intagli etc. 
Sono mobili che solitamente hanno poco valore e che si presentano in legno naturale finito con vernici lucide oppure con smalti in strati sovrapposti. Raccolgono numerosi stili differenti e spesso troviamo molti di loro già sverniciati, passati per la recente fase della rimessa a nuovo di mobili comunemente definiti “arte povera”. 
Dovranno essere in buone condizioni e prima di lavorarli ci si dovrà accertare che siano privi di tarli e che non ci siano parti che possano comprometterne l’utilizzo quotidiano. In caso contrario andranno prima preparati possibilmente da un professionista.
Spesso si crede che basti dipingere di bianco qualunque cosa per essere esattamente a tema ma non è propriamente così. Anche il bianco deve avere delle caratteristiche specifiche, deve essere materico, opaco, imperfetto e come sempre le lavorazioni più semplici sono le più belle ma anche le più difficili da realizzare e non perché siano complicate ma solo perché devono essere prima capite, a volte bastano due pennellate ma devono essere quelle giuste.




I mobili perfetti sarebbero quelli che il tempo ha lavorato per noi, quelli che raccontano la loro storia e spesso anche la nostra ma non sempre si possono trovare proprio quando servono e dunque per questo la conoscenza delle patine è fondamentale per riprodurre il passare degli anni sui vecchi mobili e vecchi materiali.

Dunque è uno stile semplice, poco o per nulla "romantico" che non prevede cuori, stoffe americane, rouges, pois, fregi o decori complicati. Pochi materiali, pochi colori sempre pastello, lino canapa o vecchio cotone come tessuti, sempre tinta unita o con vecchi e delicati decori, stoffe stropicciate e mobili semplici, accompagnati da vecchi pezzi brocante. Non è difficile realizzare questo stile e in realtà per sapere se si stia operando nel modo giusto basterebbe chiedersi se i lavoro che si sta facendo è quello che il tempo avrebbe fatto da se, se si stia riproducendo una patina e se quella patina potrebbe essere quella naturale per quel tipo di oggetto.




Le principali patine per la riproduzione di mobili Shabby le potremmo riassumere così:


Assottigliamento della vernice

L’usura negli anni tende a far scomparire la vernice nelle zone di maggior utilizzo dei mobili facendone riaffiorare la struttura in legno.


Sfaldamento della  finitura

Il tempo tende a far sfaldare i vari strati di colore, spesso è provocato dall'esposizione agli agenti atmosferici.

Scrostatura della vernice

Una delle patine più difficili da riprodurre è forse la scrostatura della vernice che oggi viene chiamata Chippy Look.


Usura delle stratificazioni

Vi sarà capitato spesso di vedere dei mobili con stratificazioni di colore differente. Sono prevalentemente mobili risalenti agli anni 50-60 che nel vero spirito del recupero Shabby sono stati periodicamente ridipinti utilizzando quasi sempre colori pastello.





Pittura a calce
In passato le abitazioni avevano bisogno di essere disinfettate frequentemente per cercare di tenere sotto controllo malattie che altrimenti difficilmente sarebbero potute essere curate. Per farlo veniva impiegata la calce già nota per il suo potere antibatterico e che veniva sparsa sui pavimenti delle stalle e passata su muri e mobili una volta diluita.


Il decapè 

L’effetto decapè è strettamente collegato all'uso della pittura a calce in quanto quest’ultima era molto utilizzata anche come anti tarlo già all’epoca di Luigi XV.  Era però facilmente degradabile. Nel tempo il mobile si scrostava mantenendo il colore solo in prossimità delle venature.


Il cerusè

Una variante della decapatura si può realizzare utilizzando la 
cera decorativa bianca sempre dopo aver lavorato la superficie prima con la spazzola di metallo e poi con la carta vetrata.




Ossidazione del legno

Un antico tavolo di legno grezzo lasciato all’aperto per tanti anni, sotto un vecchio albero in giardino. Le venature consumate dal tempo ed una velatura grigia che racconta di lente giornate assolate. A questo assomiglia una delle patine più particolari da realizzarsi anche attraverso l'uso dell'aceto.


Craquelè

Il “Craquelè” è una antica tecnica di pittura che permette di creare su una superficie rigida un fitto intreccio di piccole crepe chiamato craquelure.
Nacque in Francia verso la fine del Settecento quando cioè la tendenza era quella di arredare con oggetti dal forte richiamo all’antico e mirava a riprodurre su diverse tipologie di superfici le caratteristiche crepe che si possono osservare sui vecchi quadri. 

Dunque tante tecniche e tutte mirate ad un solo obbiettivo, rendere usurato ciò che non lo è più.
Renderlo parte di un mondo nuovo ma che guarda al passato con nostalgia, ad un passato semplice, dove dipingere un mobile a volte non era un vezzo e doveva impiegare poco tempo, dove cambiare arredamento non era possibile e allora si prendeva in mano un pennello ed ogni tanto si ripassava un po' tutto con un colore differente senza tanti fronzoli.
Non serve solo saper fare, serve conoscere ciò che si vuole fare.
Questo è Shabby per me, non un esercizio di stile, il volo pindalico di un pennello che deve raccontare di notti insonni ad imprecare contro uno smalto che non si stende, giornate immerse mugugnando nella polvere a vecchie vernici che non si tolgono, vasche di soda caustica che rovineranno per sempre il legno, una spatola usata come un cilicio che ci farà dire "mai più" anche se il risultato ottenuto è quello che volevamo.
Shabby per me è semplicità, il poter cambiare qualcosa facendolo in maniera che rimanga un buon sapore in bocca e la voglia di ricominciare subito.



Le foto sono tratte da "The Beauty Diary" - tutti i diritti sono riservati -




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